Ci eravamo occupati della toccante storia della maestra Maria Zagara, malata oncologica da anni e deceduta il 30 Dicembre scorso. La maestra, che non è morta per per il male contro il quale lottava ma per una improvvisa perforazione gastrica dovuta alla chemioterapia, scriveva:
« NOI NON DECIDIAMO SE E QUANDO NASCERE NE’ QUANDO E COME MORIRE MA SE CONDANNATI A MORTE, SCEGLIERE LA PROPRIA FINE E’ GIA’ UN PRIVILEGIO. HO DECISO IO COME MORIRE DOPO CHE IL CHIRURGO MI DISSE CHE L’INTERVENTO MI AVREBBE UCCISA. RIFIUTARE SIGNIFICAVA SPEGNERMI PIANO PIANO TRA SOFFERENZE IMMANI. SERENAMENTE, HO SCELTO DI ESSERE SEDATA CHIEDENDO A DIO DI PASSARE DAL SONNO UMANO A QUELLO ETERNO. SAPEVO CHE OPERARMI SIGNIFICAVA MORIRE: NON HO ESITATO PERCHE’ OGNI MALATO HA DIRITTO DI ANDARE VIA CON CORAGGIO E DIGNITA’. AL PRONTO SOCCORSO DI GELA, HO FIRMATO, HO SALUTATO MIO FIGLIO, L’HO ACCAREZZATO SENZA SOSTA, L’HO BACIATO TANTO E COME OGNI MAMMA MI SONO RACCOMANDATA CON LUI. AI CONOSCENTI DICO: NON VI HO INVITATI ALLO SPETTACOLO DELLA MIA MORTE PERCHE’ IL CONFORTO VA DATO AI MALATI QUANDO QUESTI SONO VIVI. ESIGO FUNERALI RISERVATI SOLO IN PRESENZA DEI MIEI TRE FIGLI ».
Ricorre oggi il trigesimo della scomparsa della maestra Maria Zagara che con coraggio, al pronto soccorso di Gela, ha saputo prendere la decisione più difficile. Medici professionali come il Dr. Lupica ed in particolare il dr. Damante, in rianimazione, assieme al figlio Domenico, sempre vigile, hanno saputo accompagnarla nel suo ultimo viaggio senza farla soffrire. Figlia di finanziere, malgrado la malattia, fu una donna molto agguerrita contro l’ex tenente della Guardia di Finanza di Gela Paolo Salemi che la signora accusò di complicità con i condannati odierni, Acciaro Vincenzo di Gela, il promoter della droga, e Tribolato Biagio, mafioso del clan Cappello, dopo che costoro organizzarono il famoso complotto di Gela, contro il figlio innocente. L’ingiusto arresto del figlio, per un pacco di droga, che l’assicuratore Allianz di Gela, Acciaro Vincenzo, aveva fatto piazzare dietro la ruota della vettura del figlio, le aveva causato stati d’ansia e malattia. Sapeva che il figlio era innocente e vittima di criminali senza scrupoli. Lo aveva gridato anche alle sue false amiche, cattoliche come lei, quando queste al saluto, si voltavano la faccia dall’altro lato, dopo la notizia dell’arresto del figlio per droga. E commentava la maestra Maria…
“ ma cosa ci vanno a fare in chiesa a Macchitella questi demoni della comunità neocatecumenale che non capiscono che mio figlio è stato messo in croce? Papa Francesco è andato a lavare i piedi ai detenuti colpevoli di reati e loro non salutano più perché mio figlio, lo hanno messo in carcere da innocente? “
E noi giornalisti aggiungiamo: quanto meschine e schifose sono state queste persone, che spesso proteggono preti pedofili e poi giudicano un innocente?
Nel 2013, dopo che i magistrati di Gela, riconoscevano la piena innocenza del figlio Domenico Timpanelli ed accusavano il gelese Acciaro Vincenzo ed il lentinese Tribulato Biagio di complotto, la maestra Maria, faceva organizzare proprio in quella chiesa, giochi piromusicali a tema religioso. Quel momento di festa, fu anche una lezione a chi di dovere, un segno che nella vita un vero cattolico non deve giudicare mai, anzi starsi zitto, semmai inginocchiarsi innanzi l’innocenza di una croce. E che figura di merda fanno oggi questi cattolici del nulla, adesso che il figlio è a pieno titolo riconosciuto innocente? Durante la malattia, la maestra, si era anche rivolta a padre Giuseppe, prete a Macchitella, 180 kg di peso e 200 kg di superficialità. Aveva chiesto una badante a pagamento e lui le aveva assicurato di trovarle una persona onesta e bisognosa. Poi però si negò e non rispose mai più, né al telefono, ne agli sms: da buon cattolico, padre Giuseppe, se ne fotteva di una ammalata di cancro che comunque chiedeva solodi pagare una collaboratrice. Collaboratrice poi trovata a mezzo internet.
Il figlio innocente Domenico Timpanelli, che oggi si trova in nord America, ricorda la madre come una persona forte, combattiva e piena di vita. “Mia mamma non si scoraggiava mai ed anzi faceva coraggio a me. E’ stata una perla rara, una persona veramente giusta, umana e con un cuore grande. Decidendo funerali privati ai Cappuccini, ha dato uno schiaffo a padre Giuseppe ed a quei falsi cattolici a cui la chiesa serve come diversivo al monotono passare del loro tempo. Da maestra di vita, mia mamma ha saputo dare loro una bella lezione ed ha voluto prendere le distanze da un luogo di preghiera che fu anche un ingiusto cortile. Ecco perché i funerali furono privati alla chiesa dei Cappuccini dove lei aveva bellissimi ricordi già da bambina ed ecco perché il trigesimo é stato celebrato nella stessa chiesa che la emozionava tanto”